martedì 5 agosto 2008

IL COLONIALISMO ITALIANO IN AFRICA


Iniziò nel 1884, quando il governo italiano acquistò dall'armatore Rubattino, il porto di Assab (Eritrea) sul mar Rosso. Contemporaneamente l'Italia ottenne il permesso dagli inglesi di occupare Massaua, in quel momento presidiata da una piccola guarnigione di egiziani. Nel 1885, i nostri primi soldati, un battaglione di bersaglieri giunse in Africa. L'Italia iniziò a consolidare il suo primo piccolo possedimento occupando l'entroterra di Massaua, ma venne contrastata dai guerrieri etiopici del Negus Giovanni ed il 27 gennaio 1887 diecimila etiopici massacrarono 500 nostri soldati presso Dogali. Verso la fine dell'anno il primo ministro Crispi inviò a Massaua 20mila uomini sotto il comando del generale Baldissera che riuscì senza trovare grandi resistenze ad occupare Asmara e Cheren. Nel frattempo venne creato il Corpo degli Ascari eritrei, fedeli soldati che combatteranno valorosamente a fianco delle nostre truppe sino al 1942, quando l'Italia perderà tutte le colonie. Nel 1890, tutti i territori occupati dall'Italia presero il nome di colonia Eritrea. Nel 1894-95 ripresero le ostilità e vi furono le vittorie di Agordat e Cassala, ma nel 1896 avvenne la bruciante sconfitta di Adua, dove 12mila italiani e 4mila ascari, comandati dal generale Barattieri, furono annientati con altissime perdite da circa 100mila etiopici. Nell'Eritrea gli italiani costruirono nuovi quartieri, strade, ponti e la ferrovia Massaua-Asmara. A questa colonia si unì nel 1905 anche la Somalia che fu divisa in tre zone, oltre alla nostra c'erano anche la francese e l'inglese. Nel 1911 iniziò la guerra per la conquista della Libia, primo ministro era Giolitti. La Libia era sotto il controllo turco e ci fu una feroce guerriglia da loro fomentata. Le truppe italiane riuscirono comunque in breve tempo a conquistare Tripoli e Bengasi, mentre all'interno del paese la guerriglia continuò per diversi anni. La Libia ebbe un forte impulso economico sotto il governatore Italo Balbo (1934-40) che la dotò di molte infrastrutture, tra le quali la più importante fu la via Balbia, strada costiera che la collega alla Tunisia e all'Egitto e la cui lunghezza è di 1800 chilometri. L'ultima conquista coloniale fu l'Etiopia. La guerra iniziò il 3 ottobre 1935 e terminò il 5 maggio 1936, con l'entrata delle truppe italiane, comandate dal maresciallo Badoglio, nella capitale Addis Abeba. Mussolini annunciò a tutti gli italiani, dal balcone di palazzo Venezia, la conquista dell'ultima colonia. Oltre alla Libia, veniva creata con la conquista dell'Etiopia, l'Africa Orientale Italiana. Dopo pochi anni tutto andò perduto con la sconfitta dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale (1939-45).

venerdì 23 maggio 2008

GLI STATI ITALIANI NEL 1859, PRIMA DELL'UNITA'

Il Regno di Sardegna
Capitale Torino, il territorio comprendeva il Piemonte, la Liguria, la Savoia, Nizza, il Principato di Monaco e la Sardegna. Era l'unico Stato italiano ad avere una Costituzione dal 1848. Il re era Vittorio Emanuele II ed il capo del governo, il conte Cavour. La maggior parte delle persone che volevano l'Unità d'Italia vedevano ormai nel Regno di Sardegna, l'unico Stato che potesse compiere questa impresa. Gli esuli degli altri paesi italiani erano circa 30.000. Il suo sviluppo economico assieme a quello del Lombardo-Veneto era il più avanzato e la rete ferroviaria la più estesa con 850 km contro i 524 del Lombardo-Veneto. La Costituzione aveva permesso la libertà d'opinione e stimolato la circolazione delle idee e dei giornali ed attirato per l'appunto gli esuli perseguitati negli altri Stati. L'esercito era il più completo e preparato tra quelli dei vari stati italiani e contava circa 70.000 uomini.
Il Regno Lombardo-Veneto
Era uno Stato satellite dell'Austria che era retta dalla monarchia asburgica ed il cui imperatore era Francesco Giuseppe. Aveva due governatori: uno civile, Massimiliano d'Asburgo fratello dell'imperatore e l'altro militare, il maresciallo Gyulai. Dopo le rivoluzioni del 1848 e la spaccatura che si era creata tra l'Austria ed un parte della popolazione, si iniziò dal 1857-58, sopratutto sotto la spinta di Massimiliano a condurre una politica di riconciliazione che potesse recuperare la fiducia della popolazione. 60.000 soldati lombardo-veneti erano arruolati nell'esercito austriaco. La percentuale di alfabetizzazione era la più alta della penisola: 50% in Lombardia e 40% nel Veneto, questo poichè il governo aveva reso obbligatorie le prime tre classi elementari. La nobiltà e la borghesia volevano contare di più come classe dirigente e non accettavano che tutte le decisioni venissero prese da Vienna. Guardavano quindi verso il Piemonte che con l'unificazione le avrebbe rese protagoniste.
Ducato di Parma
Comprendeva i territori di Parma e Piacenza. Era retto da Maria Luisa di Borbone.
Ducato di Modena
Comprendeva i territori di Modena, Reggio Emilia e Massa Carrara. Il sovrano era il duca Francesco V d'Austria-Este.
Granducato di Toscana
Il sovrano era il granduca Leopoldo II di Lorena. Pur non avendo una Costituzione, il paese manteneva una politica tollerante e le idee circolavano senza essere represse troppo severamente. Era l'unico Stato a non avere la pena di morte, che venne introdotta con il nuovo codice penale del 1853, ma mai applicata.
Lo Stato Pontificio
Comprendeva le regioni del Lazio, Umbria, Marche, le Romagne e una parte dell'Emilia. Pio IX era il papa-re ed il governo e tutte le amministrazioni erano monopolio del clero. Era un governo repressivo che aveve riempito le prigioni di liberali e democratici e non aveva dato impulso all'economia del paese.
Il Regno delle Due Sicilie
Il re era Francesco II, ma sino alla morte avvenuta proprio nel 1859, aveva governato il padre Ferdinando II. Il territorio comprendeva tutte le regioni meridionali ed includeva anche la Sicilia. I rapporti con questa regione che aveva più volte cercato l'indipendenza erano sempre tesi. Il re aveva attuato una politica repressiva nei confronti dei liberali, dei democratici e della classe intellettuale, moltissime erano le persone in prigione. Napoli con 445.000 abtitanti era la città più popolosa di tutta la penisola. Le poche industrie tessili e metallurgiche si reggevano grazie agli alti tassi doganali. Nonostante fosse lo Stato più esteso della penisola, le ferrovie avevano soltanto 100 km. e le strade percorribili erano molto poche. La maggior parte del bilancio veniva speso per l'esercito, mentre quasi niente per l'istruzione e le opere pubbliche. Infatti gli analfabeti erano l'85%. La situazione dei contadini era drammatica. Essi non percepivano ne salari come nell'Italia settentrionale e neppure veniva applicata la mezzadria come in quella centrale. Vivevano solo di offerte di beni in natura che ricevevano dai padroni.

sabato 22 marzo 2008

La nascita della CROCE ROSSA


Nel corso delle sanguinose battaglie del XIX secolo, più persone prestarono soccorso ai feriti e si prodigarono per alleviare le loro sofferenze. In particolar modo una pioniera fu l'inglese Florence Nightingale che si prodigò nella guerra di Crimea del 1853-56, inserendo delle infermiere negli ospedali che ella stessa aveva fatto costruire. Il fondatore della Croce Rossa sarà però Henry Dunant, uomo d'affari ginevrino che nel giugno del 1859 si trovava in Lombardia per motivi d'affari. Il caso volle che fosse spettatore di uno degli episodi più tragici della storia italiana: la battaglia di Solferino, nei pressi del lago di Garda, dove si fronteggiavano gli eserciti franco-piemontesi contro quello austriaco. Questa battaglia fu una vera carneficina. Impressionato dal gran numero di morti e dei feriti e dalla disorganizzazione sanitaria degli eserciti, scelse di partecipare personalmente all'opera di soccorso. Organizzò posti improvvisati per le cure ai feriti, come le chiese e le scuole ed invitò la popolazione civile a prestarvi aiuto. Poi scrisse le sue tragiche impressioni su un libro: "Un ricordo di Solferino"edito nel 1862. Proseguì a battersi perchè venisse istituita un'associazione internazionale che si occupasse dei feriti e dei prigionieri di guerra. Dalla sua iniziativa, assieme ad altri quattro cittadini svizzeri nacque nel 1863 il "Comitato Internazionale per il Soccorso ai Feriti di Guerra", che si trasformerà nell'anno seguente nella "Croce Rossa". Questa Istituzione Umanitaria verrà proclamata ufficialmente il 12 agosto 1864 a Ginevra, da una Conferenza diplomatica, alla quale parteciperanno per approvarla 12 Nazioni.

martedì 12 febbraio 2008

LE "SS" ITALIANE


Con la proclamazione dell'armistizio con gli angloamericani da parte di Badoglio l'8 settembre 1943 e la fuga del re verso il sud del Paese, l'esercito italiano venne lasciato, sia in Patria che all'estero, senza ordini precisi. I soldati diventarono degli sbandati, tra questi c'erano quelli che cercarono di rientrare a casa ed altri che volevano continuare a combattere a fianco dei tedeschi loro alleati sino al giorno precedente. Intanto, dopo la liberazione di Mussolini e la nascita del nuovo governo della Repubblica Sociale Italiana nel nord del Paese, si crearono le prime unità combattenti. Circa 20mila volontari chiederanno di far parte delle "Waffen SS". Le "SS" contarono durante la guerra circa 900mila uomini che accanto alle divisioni tedesche (500mila) avevano anche la partecipazione di soldati di ben 19 Paesi. I volontari italiani provenivano da tre nuclei, quelli addestrati nel campo di Muenzingen, a sud di Stoccarda, da Debica in Polonia e da Praga. Nella seconda metà di novembre 1943 avvenne il rientro in Italia delle truppe dei campi di Muenzingen e Praga, quelli di Debica rimpatrieranno più tardi. Dal marzo 1944 entrano in funzione i 35 centri d'arruolamento in Italia. A Milano nasce il loro settimanale che si chiama "Avanguardia". Il giuramento delle "SS" italiane è di fedeltà verso il Fuehrer. La divisa era italiana, ma portava le mostrine delle "SS" rosse anzichè nere ed un fregio sulla manica sinistra che rappresentava un'aquila su un fascio littorio. Al loro rientro in Italia vennero impiegate negli scontri contro i partigiani per il controllo del territorio. Due battaglioni vennero però inviati contro gli angloamericani nei pressi di Nettuno e Civitavecchia: il "Vendetta" e il "Debica". Per il grande valore dimostrato sul campo di battaglia e le perdite che supereranno il 50% dei combattenti, il generale Wolff, capo delle "SS" in Italia, autorizzerà il battaglione "Vendetta" di fregiarsi delle mostrine nere, come per le divisioni tedesche. Soltanto il 9 marzo 1945, le diverse unità, assunsero il nome definitivo di "29a Divisione SS Italiane". Ormai gli avvenimenti stavano precipitando ed alla fine di aprile la guerra in Italia terminava. I reparti che riuscirono ad arrendersi agli angloamericani vennero inviati nei campi di prigionia, mentre quelli catturati dai partigiani venivano immediatamente passati per le armi.